venerdì 23 giugno 2017

LAVORO: DORMIGLIONI E LICENZIABILI?


A quanto pare, oltre che fannulloni, assenteisti ed infedeli, i lavoratori possono essere anche dormiglioni. Se, però, per gli esperti americani della medicina del sonno, la breve pennichella pomeridiana fa bene ed andrebbe incentivata anche a lavoro perché elimina le tossine dal cervello e fa recuperare attenzione e concentrazione, senz’altro non la pensa così un datore di lavoro. E ciò non solo per ovvie esigenze produttive, ma anche per la tipologia di alcune attività lavorative, che richiedono attenzione e vigilanza continue. Ma, senza voler arrivare ai casi estremi di morte per superlavoro come in Cina o in Giappone, a quali sanzioni può incorrere il lavoratore scoperto a dormire durante il proprio lavoro?


DA UN PUNTO DI VISTA GENERALE secondo la Corte di Cassazione l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha, al contrario che per la sanzione disciplinare con effetto conservativo, valenza meramente esemplificativa, sicché non preclude un’autonoma valutazione del giudice del lavoro in ordine alla idoneità a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore di un grave inadempimento o di un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile. In tema di licenziamento, infatti, la nozione di giusta causa è nozione legale ed il giudice non è vincolato alle previsioni integranti giusta causa contenute nel contratto collettivo. Tuttavia ciò non esclude che ben possa il giudice fare riferimento ai contratti collettivi e alle valutazioni che le parti sociali compiono in ordine alla valutazione della gravità di determinati comportamenti rispondenti, in linea di principio, a canoni di normalità. L’unico limite è costituito dal fatto che il datore di lavoro non può irrogare un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione (Corte di Cassazione, sez. lav., sentenza del 08/06/2017, n. 14321).

LA GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO quindi, perché possa legittimamente portare alla risoluzione del rapporto lavorativo nei termini sopra precisati, deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, specificamente, dell’elemento fiduciario. Si dovrà, pertanto, valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, e, dall’altro, la proporzionalità tra tali atti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale in concreto da giustificare la massima sanzione disciplinare, quale evento che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto (Corte di Cassazione, sez. lav., sentenza del 07/06/2017, n. 14192).

IN QUESTA VICENDA esaminata dalla sentenza, i giudici di legittimità hanno ravvisato tutti gli elementi in capo al lavoratore, dipendente di Autostrade per l’Italia S.p.A., che in qualità di ausiliario della viabilità tenuto a sorvegliare e pattugliare una tratta autostradale per ragioni di sicurezza degli utenti, era stato trovato, nel corso di un controllo, a dormire in auto mentre era adibito al pattugliamento notturno. Una siffatta condotta, infatti, secondo la Cassazione, era contraria non solo ai doveri contrattualmente incombenti sul lavoratore in ragione della sua specifica mansione, ma anche ai generali principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro, oltre che plurioffensiva, in quanto complessivamente contraria ai doveri propri di un servizio di essenziale rilevanza e denotante una grande leggerezza da parte del lavoratore nella relativa esecuzione. La conseguente sanzione espulsiva comminata al lavoratore dormiglione, pertanto, non solo è legittima ma risulta anche proporzionata rispetto alla condotta tenuta dallo stesso (Corte di Cassazione, sez. lav., sentenza del 07/06/2017, n. 14192).

IN CONCLUSIONE chi si addormenta sul lavoro può essere legittimamente licenziato, in quanto, oltre a violare evidentemente principi generali sottostanti ad ogni rapporto di lavoro e doveri specifici su di esso incombenti in ragione delle sue mansioni e dei suoi doveri contrattuali, tiene in tal modo una condotta che può assumere una ancor maggiore gravità laddove esso svolga – come nel caso di specie esaminato - compiti di particolare delicatezza che non tollerano siffatte interruzioni e allorquando l’addormentamento non sia dovuto a causa improvvisa e imprevista, ma sia dolosamente e slealmente organizzato. Tale elemento intenzionale, infatti, lede insanabilmente l’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro giustificando la massima sanzione disciplinare.


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando